- raccontato da Max Giacomini | 1922
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Provincia di Roma - Per la memoria | 26/08/2011
Quella del rimpatrio è stata una pagina amara. Dopo l’8 settembre nessuno si è preoccupato dei 650 mila militari. Al rientro dal Brennero nemmeno la popolazione civile ha manifestato particolare gioia a vederli rientrare. Quando Max Giacomini è rientrato a Roma l’8 settembre del 1945, cinque mesi dopo la liberazione del suo campo, nell’indifferenza generale e ricorda che l’unico atto di umanità fu quello del bigliettaio dell’autobus che gli permise di viaggiare gratis. In generale si preferì rimuovere la questione della prigionia dei militari perché rimandava ad una sconfitta e ad una guerra sostanzialmente perduta. E poi c’era l’enorme visibilità della Resistenza armata che metteva in secondo piano le vicende dei prigionieri. Lo Stato non ha provveduto a nessun particolare risarcimento. Germania e Austria hanno stabilito per legge il risarcimento del lavoro coatto: il Gen. Max Giacomini ritiene che non è risarcibile, non c’è pagamento possibile; l’unico risarcimento è quello morale nell’educare i giovani. Forse se mai arrivassero i soldi sarebbe persino offensivo.
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