- raccontato da Max Giacomini | 1922
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Provincia di Roma - Per la memoria | 27/07/2011
La vicenda dei militari italiani in Germania si conosce ancora poco. Il Generale Max Giacomini apparteneva ad una famiglia di militari, il padre era ufficiale. L’ambiente militare, pur osservante delle leggi del paese, provava una certa avversione rispetto al fascismo, si sentivano era di della tradizione liberale e risorgimentale e i fascisti venivano visti un po’ come dei parvenu, si sentiva una distanza culturale. Nel 1943, dopo il bombardamento di San Lorenzo, la sensazione diffusa era che le cose stessero precipitando. Il 25 luglio, quando cadde il fascismo, la reazione dei militari fu di sollievo e che l’Italia si sarebbe finalmente ritirata dal conflitto. Al di fuori della caserma il sentimento era quello di fedeltà alla monarchia che finalmente si era liberata dal fascismo. E anche rispetto ai tedeschi c’era una silenziose diffidenza rispetto ai tedeschi che, pensando alla tradizione risorgimentale dell’esercito italiano, erano i nemici storici. Il giorno dopo la caduta del fascismo, Max venne chiamato dallo Stato Maggiore e inviato in Germania per un addestramento relativo all’uso di un carro armato che i tedeschi dovevano fornire all’esercito italiano.
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