Francesco veniva da una famiglia comunista. Viveva in Trastevere. Quando è stato arrestato faceva parte del lottava cellula del Partito Comunista clandestino. Insieme ad altri ragazzi, usciva durante la notte nonostante il coprifuoco per fare azioni di sabotaggio: spargevano i chiodi a tre punte (in realtà sono chiodo a quattro punte), rubavano le auto militari, specialmente i camion con i rifornimenti. Durante uno di questi furti disgraziatamente la macchina non è partita e i tedeschi li hanno scoperti. Portato a Via Tasso, venne subito picchiato. Ancora botte appena in cella perché quando è entrato un militare tedesco, Francesco non si è alzato in piedi. E’ rimasto in cella 14 giorni durante i quali in cella gli venne messa una spia: Francesco lo ha capito perché parlava e chiedeva troppe cose. All’interrogatorio Francesco cercò di giustificare il tentato furto con l’aver sentito dire che gli americani una volta arrivati, promettevano di lasciare le macchine rubate in proprietà. Al processo a via Lucullo Francesco è stato condannato a due anni. Gli proposero di scambiare il campo di concentramento con due anni di lavoro in Germania. Non sapendo cosa fosse il campo di concentramento, rifiutarono.
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