Il giro d'Italia con i tolini
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- raccontato da Ferruccio Frigerio | 1939
- caricato da Redazione | 17/11/2008
COMMENTO
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angelo libranti
15/05/2009 - alle ore12:09
15/05/2009 - alle ore12:09
Questo gioco, che si esercitava anche al sud, occorre spiegarlo bene come si svolgeva. I tappi delle gazose o delle aranciate, a Taranto, le chiamavano "piattini" perchè c'era l'uso di schiacciarli col martello intorno alla corona. Servivano per i più svariati giochi, dallo sbatterli contro il muro, al lanciarli il più possibile lontano prendendoli per il pollice e l'indice.
Il giro d'Italia si faceva con i tappi interi, perchè offrivano la possibilità di
lanciarli con il medio strofinato sul pollice. Si preparava la pista segnando col gesso sui marciapiedi, scegliendo possibilmente un marciapiedi non proprio in ordine. Servivano piccoli dossi, avallamenti o spaccature per rendere il percorso meno agibile. La pista, naturalmente, veniva segnata
con curve e restringimenti e poteva girare intorno l'isolato o raggiungere
la strada da un punto all'altro, in quanto non c'era il traffico di oggi ed i pochi ciclisti venivano rimbrottati ed invitati a stare attenti "ai piattini".
Si partiva tirando a sorte ed ogni ragazzo spingeva il suo piattino con la tecnica descritta badando a non uscire dal percorso segnato. L'abilità consisteva nel dosare il colpo adeguandolo al percorso. Se il tratto era breve ci voleva una spinta lenta, se il percorso si svolgeva su un rettilineo si spingeva forte, badando sempre a non uscire dai lati, altrimenti si tornava al punto di partenza.
Si giocava per intere ore; ricordo copiose sudate sotto il sole cocente e le
ginocchia e gambe sporche per l'accovacciarsi, in quanto permetteva un tiro più preciso.
Si tornava a casa sporchi e sudati e non mancavano le botte perchè le mamme erano costretti a lavare i loro discoli.
Vinceva, naturalmente, chi tagliava primo il traguardo dopo aver superato
tutti gli ostacoli della pista, badando a stare sempre nelle strisce segnate.
Il giro d'Italia si faceva con i tappi interi, perchè offrivano la possibilità di
lanciarli con il medio strofinato sul pollice. Si preparava la pista segnando col gesso sui marciapiedi, scegliendo possibilmente un marciapiedi non proprio in ordine. Servivano piccoli dossi, avallamenti o spaccature per rendere il percorso meno agibile. La pista, naturalmente, veniva segnata
con curve e restringimenti e poteva girare intorno l'isolato o raggiungere
la strada da un punto all'altro, in quanto non c'era il traffico di oggi ed i pochi ciclisti venivano rimbrottati ed invitati a stare attenti "ai piattini".
Si partiva tirando a sorte ed ogni ragazzo spingeva il suo piattino con la tecnica descritta badando a non uscire dal percorso segnato. L'abilità consisteva nel dosare il colpo adeguandolo al percorso. Se il tratto era breve ci voleva una spinta lenta, se il percorso si svolgeva su un rettilineo si spingeva forte, badando sempre a non uscire dai lati, altrimenti si tornava al punto di partenza.
Si giocava per intere ore; ricordo copiose sudate sotto il sole cocente e le
ginocchia e gambe sporche per l'accovacciarsi, in quanto permetteva un tiro più preciso.
Si tornava a casa sporchi e sudati e non mancavano le botte perchè le mamme erano costretti a lavare i loro discoli.
Vinceva, naturalmente, chi tagliava primo il traguardo dopo aver superato
tutti gli ostacoli della pista, badando a stare sempre nelle strisce segnate.