- raccontato da Fiorentino Leone | 1923
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Provincia di Roma - Per la memoria | 26/08/2011
Leone dell’arrivo ad Auschwitz, tra le altre cose, ricorda una donna in preda ad una crisi nervosa che gridava che puzzo di bruciato c’è nell’aria. Nessuno le detta ascolto ma tutti si accorgevano che il fumo acre e denso era sul campo come una cappa di piombo. Leone dopo pochi giorni fu mandato al commando d’acqua, un lavoro dove la mortalità era altissima. Il lavoro consisteva di raggiungere la zona paludosa, una volta raggiunta svestirsi, entrare nell’acqua alta più di un metro, piena di sanguisughe e tagliare dell’erba acquatica e portarla all’asciutto. Non aveva nessun senso ma ad Auschwitz non si lavorava per produrre, si lavorava, se si lavorava, solo per morire. Il lavoro rende liberi: così recitava la scritta all’ingresso del campo.
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