- raccontato da Costa Fulvio | 1938
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Provincia di Roma - Per la memoria | 24/08/2011
Fulvio Costa racconta che dopo aver portato via il papà, i titini tornarono per portarsi via tutto quello che c'era e loro rimasero con quello che avevano indosso. Fu peggio il dopoguerra, fino al '51, che la guerra stessa. Parlare italiano significava essere derisi, spesso picchiati. Alla fine la famiglia si mise in viaggio verso Trieste e al confine vennero tutti perquisiti. Arrivati fu come trovare il paradiso: c'era il latte e c'era il pane ma durò solo una settimana. il campo profughi a Gaeta fu molto triste: l'alloggio era un box per i cavalli, il letto fatto con assi di legno su due cavalletti e un sacco pieno di paglia. E non c'era lavoro, tanto che la madre decise di tentare l'avventura a Roma e arrivarono così al villaggio giuliano. Adesso torna a Zara in vacanza ma si sente come espropriato e riesce a rimanerci solo un paio di giorni. Tratto dal film documentario Voci in esilio, per gentile concessione del Museo di Fiume - Roma
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