Dopo vent'anni di lotte contro la vecchia istituzione manicomiale venne finalmente promulgata la legge 180. I veri estensori della legge, approvata in commissione e quindi all'unanimità, furono la dottoressa Milano, parlamentare del PCI, e Eliodoro Novello, Segretario dell'Associazione Medici Ospedalieri Psischiatri Italiani. Legge approvata frettolosamente senza un sereno dibattito e soprattutto senza prevedere gli aspetti assistenziali e sociali derivati dalla chiusura dei manicomi. L’applicazione della legge, come si constatò dopo poco tempo, si disinteressava dell'assistenza di decine di miglia di individui non in grado di badare a sé stessi. Per alcuni anni gli ex-internati andarono a gonfiare le fila dei disadattati, dei senza dimora, dei barboni, di una popolazione dei centri cittadini emarginata e abbandonata. Senza dimora trovavano posto per dormire tra le tombe del cimitero o nelle gabbie degli animali dello Zoo cittadino dismesso. Un problema drammatico conseguente all'applicazione della legge caratterizzata dai suoi pesanti condizionamenti ideologici. d'altronde questa popolazione era ignorata dagli psichiatri che si giustificavano considerandoli dei mendicanti, dei barboni e quindi non di pertinenza dei servizi psichiatrici. Contemporaneamente la psichiatria istituzionale era orientata a ignorare anche i nuovi ammalti psichiatrici perché non si sapeva come poterli seguire. Nuovamente Crosignani insieme con il collega Luciano intrapresero una ulteriore mobilitazione e affrontarono nuove battaglie per affrontare l'assistenza dei malati abbandonati. Un aiuto assai importante venne dal mondo politico con l'interessamento forte del radicale Pezzana che portò a conoscenza dell'opinione pubblica e delle istituzioni la grave situazione. Questa nuova battaglia si concluse con l'approvazione della legge regionale 61 che finalmente consentì di proteggere i malati psichiatrici senza sostentamenti e senza aiuti.
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