Crosignani descrive l’esperienza di Basaglia a Gorizia sottolineando l’importanza di aver dato al malato mentale la dignità di persona che il manicomio negava. Per quel tempo l’esperimento fu un atto rivoluzionario, un esempio per tutti i movimenti antimanicomiali che in seguito nacquero in Italia. Nello stesso tempo Crosignani sottolinea che l’azione di Basaglia rimase dentro le mura del manicomio, concentrandosi sul significato della malattia mentale che egli caricò di valenze politiche e ideologiche eccessive. L’esperienza di Parma, città con amministrazione comunista, si identificò con la figura di Mario Tommasini, assessore alla provincia, il quale con l’aiuto del Movimento Studentesco liberò i malati del manicomio di Colorno operando come se la malattia mentale non esistesse. Anche a Perugia a partì a metà degli anni ’60 un processo di de-ospedalizzazione sostenuto fortemente dalla politica del PCI con la creazione di un valido servizio psichiatrico esterno dai connotati marxisti. Crosignani analizza queste tre esperienze di riforma della psichiatria mettendole a confronto con quella di Torino, con ricchezza di dettagli e vividezza di ricordi, solo come può fare un testimone che ha vissuto da protagonista quelle vicende.
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